Triathlon: c’è un’età in cui sarebbe meglio smettere con l’allenamento e con le gare?

L’allenamento dal punto di vista fisiologico può essere visto come uno stress o come un “farmaco”. Scopriamo come continuare ad “assumerlo” negli anni per stare meglio.

L’allenamento dal punto di vista fisiologico genera, una volta somministrato, un effetto che può essere migliorativo, se moderato e intelligente, o catastrofico, se esasperato.

Una volta che ci si “ammala” di triathlon e in particolar modo del mondo no draft, fatto di distanze lunghe e ore di allenamento, diventa fondamentale evitare di seguire sempre gli stessi programmi di allenamento, anno per anno, senza considerare aspetti legati all’età, alle differenze di genere (uomini o donne) o alle deficienze individuali (infortuni o carenze muscolari).

LO SCREENING

Il primo aspetto da valutare evidente è quello fare o farsi un screening chiaro dei propri pregi e/o qualità e dei propri punti da migliorare.

Nel progetto di allenamento si dovrà prestare attenzione a inserire sia un programma per continuare a migliorare in modo “ossessivo” le proprie qualità sia un plan più modesto, ma continuo e costante, per migliorare i propri difetti, che siano la mobilità articolare, la flessibilità muscolare o una particolare disciplina, evitando pericolosi “overload”.

CONOSCERE LA FISIOLOGIA E L’ANATOMIA UMANA

L’invecchiamento è un fenomeno fisiologico graduale e individuale, che può infatti manifestarsi con modalità e tempistiche differenti. Lo caratterizzano importanti modifiche a livello fisico, cognitivo e psichico, che risultano spesso evidenti nella nostra esperienza di vita comune (senza cioè il supporto di dati e teorie scientifiche): ci basta osservare da vicino l’evoluzione della vita quotidiana degli anziani.

La maggior parte degli autori convengono che, fisiologicamente parlando, i 50 anni sono il confine tra l’età matura e quella che viene definita, un po’ pittorescamente, come terza età. Volendo genericamente tracciare l’andamento della variazione delle funzionalità fisiologiche in funzione dell’età, si può dire che si ha un miglioramento fino ai 30 anni, dopodiché si assiste a un declino più o meno accentuato; arrivati ai 45-50 anni, i segnali di un cambiamento in atto cominciano a farsi più evidenti.

Fra i principali vi sono una progressiva diminuzione della massa magra associata a un’atrofia muscolare generalizzata che ha fra le sue conseguenze più importanti una riduzione della forza e delle capacità di contrazione dei muscoli. Si registrano inoltre una riduzione della massa ossea (fenomeno noto come osteopenia), uno dei maggiori fattori di rischio per l’insorgenza dell’osteoporosi, una diminuzione dell’equilibrio, una riduzione del contenuto di acqua nell’organismo, un rallentamento del metabolismo basale e alterazioni della termoregolazione (che si manifestano con intolleranza e ridotta risposta al freddo).

Questi importanti fenomeni involutivi fanno parte di un quadro fisiologico noto come sarcopenia. Questo termine deriva dal greco antico (sarx = carne; penia = perdita) ed è stato coniato da Irwin Rosenberg nel 1988.

Oltre al fisiologico invecchiamento a cui sono sottoposti tutti gli organismi viventi, la sindrome sarcopenica è legata a diversi fattori scatenanti, quali una marcata riduzione dell’attività fisica, un regime alimentare scorretto, uno stile di vita non salutistico, l’esposizione a stress ossidativi, i cambiamenti ormonali ecc.

Non tutti gli autori, a onor del vero, concordano con questa visione e ritengono che si possa parlare di sarcopenia soltanto nel caso in cui la riduzione della massa muscolare sia almeno di due volte superiore alla varianza (in ambito statistico si definisce varianza la media dei quadrati degli scarti, ciascuno pesato con la probabilità loro attribuita), misurata su soggetti sani e in giovane età.

Basandosi su questi criteri, gli stessi autori ritengono che il fenomeno sarcopenico si riscontri soltanto in poco meno di un quarto dei soggetti che rientrano nella fascia di età che va dai 60 ai 70 anni e in circa la metà degli individui che hanno superato gli 80 anni di età. Il problema riguarderebbe maggiormente il sesso maschile e la sua insorgenza sarebbe indipendente da fattori quali alcolismo, fumo di sigaretta, attività fisica ecc.

SARCOPENIA E FUNZIONALITA’ MUSCOLARE

Diversi autori ritengono che l’atrofia muscolare connessa al fenomeno sarcopenico dipenda da una perdita progressiva di fibre muscolari; secondo Zatsiosorky e Kraemer (2008), l’atrofia inciderebbe in modo particolare sulle fibre di tipo II (le fibre veloci) coinvolgendo in particolar modo quei muscoli che possiedono soprattutto questa tipologia di fibre.

Basandosi sugli studi più recenti, si è osservato che i muscoli scheletrici mostrano i primi segni di atrofia a partire dai 35 anni di età; una volta giunti al traguardo degli 80 anni, si registra, nella maggior parte degli individui, una perdita di massa muscolare che va dal 30 al 40% circa.

Le capacità di produzione di forza muscolare raggiungono il loro apice una volta arrivati ai 35 anni; tali capacità restano sostanzialmente immutate fin verso i 40 anni dopodiché si inizia a registrare un declino funzionale sì lento, ma progressivo che comincia a manifestarsi superati i 50 anni.

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By Simone / Editor on Set 13, 2019

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