
Watt, frequenza cardiaca, HRV, GPS, percezione dello sforzo… sono i “numeri” che nella preparazione di un triatleta fanno la differenza. Ma ne esiste un altro che merita più attenzione: il controllo del lattato, uno dei segnali più diretti e precisi della risposta fisiologica all’allenamento.
Capire come varia in base all’intensità e alla disciplina permette di leggere con chiarezza ciò che accade “dentro” l’organismo, non solo ciò che appare nei dati esterni: mostra se stai lavorando nella giusta zona, se stai migliorando la tua efficienza aerobica o se, al contrario, stai andando verso “direzioni errate”.
Come ogni dato, però, va interpretato nel contesto giusto.
Nel triathlon, poi, la sfida è doppia: il corpo risponde in modo diverso nel nuoto, nella bici e nella corsa. Ecco quindi una guida pratica per capire quando e come usare il controllo del lattato nelle tre discipline, pensata per chi allena o si allena nella triplice.
Perché misurare il lattato
- Individuare soglie e zone specifiche per ciascuna disciplina
Le soglie (LT1, LT2) non sono uguali in nuoto, bici e corsa.
Il controllo del lattato consente di definire zone specifiche per ogni segmento, evitando stime approssimative.
- Monitorare l’effetto del carico combinato (multi-discipline)
Misurare il lattato dopo la bici e prima della corsa – per esempio durante una brick session – aiuta a capire come cambia la fisiologia in condizioni di “pre-fatica”.
- Ottimizzare il pacing per la gara
Conoscere la produzione di lattato a determinate intensità permette di simulare il ritmo gara in modo più preciso e personale.
- Valutare adattamenti dell’endurance e/o capacità di tolleranza al lattato
A parità di watt o ritmo, un lattato più basso nel tempo indica miglior efficienza aerobica.
Al contrario negli atleti impegnati su distanze brevi (spint e olimpico), tollerare valori più alti è indice di ottima capacità glicolitica.
Nel nuoto
Quando misurare: durante serie a intensità sostenute o test specifici (es.: 8×100 m a ritmo gara con recupero breve).
Obiettivo: valutare quanto lattato si accumula in lavori a soglia o submassimali.
Sfida: difficile da eseguire in acqua → soluzione: misurazione immediata a bordo vasca, con il supporto del coach.
Nel ciclismo
Strumento ideale: associarlo al power meter.
Protocollo tipico: test incrementale con step di 4-5 minuti per costruire la curva lattato-potenza (test di Mader adattato).
Uso pratico: calibrare le zone di potenza (FTP, Sweet Spot ecc.), o misurare il lattato durante i brick.
Valore aggiunto: è utilissimo anche per valutare il costo metabolico di differenti posizioni aerodinamiche.
Nella corsa
Test incrementali: (es.: 4×1.200-1.600 m a ritmo crescente) permettono di definire con precisione i ritmi di allenamento.
Sedute di qualità: consentono di verificare se si resta nella zona desiderata (es.: sotto soglia o al limite).
Per i triatleti veloci, serve anche a valutare fino a che punto si può spingere – ovvero tollerare alti valori di lattato – senza “esplodere”.
Quando ha senso usarlo nel triathlon
| Livello atleta | Quando è utile | Frequenza consigliata |
| Principiante | Solo test di soglia iniziale | 1-2 volte l’anno |
| Amatore competitivo | Nei test e nelle sedute a soglia | Durante i blocchi chiave |
| Elite | Nei test e come feedback di allenamento | Settimanale o a ogni ciclo |
Come leggere e utilizzare i dati
Un esempio pratico:
Se a parità di ritmo/potenza il lattato cala → l’atleta è più “aerobico”.
Se a pari lattato riesce ad andare più forte → miglioramento prestativo.
Se il lattato sale troppo presto → segnale di affaticamento o intensità errata.
In sintesi
Il monitoraggio del lattato nel triathlon:
· non è un lusso né una moda, è uno strumento potente per chi vuole lavorare con precisione su soglia, transizioni, e adattamenti. È un mezzo prezioso per leggere meglio ciò che l’allenamento sta davvero costruendo;
· va contestualizzato per ogni disciplina, tenendo conto degli strumenti disponibili (power meter, GPS, accesso alla piscina ecc.) e trova massimo valore nei “blocchi mirati”, come gare sprint e olimpico, Training camp o anche gare 70.3 e Ironman.
in English
Lactate Control in Triathlon: Why (and How) to Really Use It
Watts, heart rate, HRV, GPS, perception of effort… these are the numbers that make the difference in a triathlete’s preparation. But there’s another that deserves more attention: lactate control, one of the most direct and precise signals of the physiological response to training.
Understanding how it varies based on intensity and discipline allows you to clearly read what’s happening “inside” the body, not just what appears in external data: it shows whether you’re working in the right zone, whether you’re improving your aerobic efficiency, or whether, conversely, you’re going in the wrong direction.
Like any data, however, it must be interpreted in the right context.
In triathlon, the challenge is twofold: the body responds differently in swimming, cycling, and running. Here’s a practical guide to understanding when and how to use lactate control in the three disciplines, designed for those who train or coach in the triple discipline.
Why Measure Lactate
- Identify specific thresholds and zones for each discipline
The thresholds (LT1, LT2) are not the same in swimming, cycling, and running.
Monitoring lactate allows you to define specific zones for each segment, avoiding rough estimates.
- Monitor the effect of combined load (multi-discipline)
Measuring lactate after cycling and before running—for example, during a brick session—helps understand how physiology changes in “pre-fatigue” conditions.
- Optimize Race Pacing
Knowing lactate production at specific intensities allows you to simulate race pace more accurately and personally.
- Assess endurance adaptations and/or lactate tolerance capacity
For the same watts or pace, lower lactate over time indicates better aerobic efficiency.
Conversely, in athletes competing over short distances (sprinting and Olympic distances), tolerating higher values is an indicator of excellent glycolytic capacity.
In swimming
When to measure: During sustained intensity sets or specific tests (e.g., 8x100m at race pace with short recovery).
Objective: Evaluate how much lactate accumulates during threshold or submaximal workouts.
Challenge: Difficult to perform in the water → Solution: Immediate measurement at the poolside, with the support of a coach.
In cycling
Ideal tool: Combine with a power meter.
Typical protocol: Incremental testing with 4-5 minute steps to construct the lactate-power curve (adapted Mader test).
Practical use: Calibrate power zones (FTP, Sweet Spot, etc.), or measure lactate during training sessions.
Added value: It is also very useful for assessing the metabolic cost of different aerodynamic positions.
In running
Incremental tests: (e.g., 4 x 1,200-1,600 m at increasing pace) allow you to precisely define your training pace.
Quality sessions: allow you to check whether you’re staying within your desired zone (e.g., below threshold or at your limit).
For fast triathletes, it also helps you assess how far you can push yourself—that is, tolerate high lactate levels—without “exploding.”
When does it make sense to use it in triathlon?
| Athlete Level | When is it useful | Recommended Frequency |
| Beginner | Initial threshold testing only | 1-2 times a year |
| Competitive Amateur | In threshold tests and sessions | During key blocks |
| Elite | In tests and as training feedback | Weekly or every cycle |
How to read and use the data
A practical example:
If lactate decreases at the same pace/power, the athlete is more aerobic.
If the athlete can go faster at the same lactate, performance improves.
If lactate rises too quickly, it indicates fatigue or incorrect intensity.
In summary
Lactate monitoring in triathlon:
- is neither a luxury nor a fad; it is a powerful tool for those who want to accurately target thresholds, transitions, and adaptations. It is a valuable tool for better understanding what training is truly building;
- It should be contextualized for each discipline, taking into account the available tools (power meter, GPS, pool access, etc.) and is most effective in targeted “training sessions”, such as sprint and Olympic races, training camps or even 70.3 and Ironman races.

