Infortuni nel triathlon: e se fino ad ora avessimo sbagliato approccio per prevernirli e curarli?

Perché un atleta “si fa male”? Archiviate le classiche risposte – dal si è allenato male e/o poco alla sfortuna – la spiegazione può essere un’altra e chiama in causa corpo e mente…

Alzi la mano chi praticando sport agonistico non ha mai avuto a che fare con piccoli e/o grandi infortuni. Sono convinto che se fossimo tutti in una stanza, di mani alzate ne vedrei poche.

Vi siete mai chiesti da dove nasce l’infortunio? Io un’idea me la sono fatta dopo anni di esperienza sul campo in diverse discipline sportive agonistiche a livello sia amatoriale sia di “high performance”. Negli infortuni provocati da carico “iterativo”, il nostro corpo “avverte” e inizia a rispondere alla sopravvenuta situazione prima del momento in cui “esplode” il dolore o l’infiammazione… In altre parole, prima di quando noi ce ne rendiamo conto.

In molte situazioni il nostro corpo perde l’equilibrio e si sbilancia in modo pericoloso molto prima che si manifesti l’evento doloroso.

Proprio per questo porre attenzione a piccoli (grandi) segnali diventa importante per prevenire o limitare il danno.

L’INFORTUNIO: E SE C’ENTRASSE LA PSICHE?

In molti casi, a mio modesto avviso, l’infortunio è una risposta psicologica a una situazione che non sappiamo e/o non possiamo gestire: livello alto di stress, ansia da prestazione, sentimento di inadeguatezza ci pongono di fronte al fatto che il corpo, o meglio il cervello ci chiede di rallentare o fermarci.

Attenzione: non sto dicendo che un muscolo stirato o una tendinite siano frutto dell’immaginazione. Anzi, sono assolutamente reali e vanno anche curati bene. Sono convinto però che quando subentrano questi sentimenti e/o emozioni, il nostro corpo perde armonia e inizia ad accusare instabilità. La medicina attuale, in generale, cura, negli atleti ma anche nei comuni “mortali”, il problema immediato in modo localizzato. Già l’osteopatia adotta una visione più generale o meglio “globale” per individuare il problema.
Io credo a tutti questi approcci.

Non ci avete mai fatto caso? Quando proprio non possiamo o vogliamo fermarci, perché abbiamo un grande appuntamento agonistico, arriva l’infortunio che ci “blocca”. Succede spesso, vero?

Continuiamo a ripeterci: “Non devo ammalarmi”, “Non devo farmi male”, senza pensare che il nostro cervello non registra le negazioni e quindi si autoconvince proprio della tesi opposta.

ESISTE UNA SOLUZIONE?

Per prima cosa è necessario avere la consapevolezza della nostra intierezza. Non siamo solo corpo e mente ma un tutt’uno collegato. Così facendo arriveremo a gestire prima e in modo più lucido e più pragmatico tutti i problemi fisici in cui incapperemo. Davanti all’infortunio non ci chiederemo solo dove e come “intervenire” ma anche perché, cercando la causa non solo nel nostro corpo ma anche nel nostro approccio inconscio davanti al mondo.

Questo non vuol dire allora abbandonarsi al fato bensì esattamente il contrario.

È importante, direi quasi fondamentale, scolpire il nostro corpo con esercizi di prevenzione, prendendocene cura, ma anche lavorare sul nostro approccio mentale alle difficoltà, imparando a dialogare con noi stessi. Tanto più il nostro dialogo sarà positivo, quanto più i fatti che ci accadranno saranno visti come occasioni. Tanto più il nostro linguaggio sarà negativo, quanto più gli eventi si riveleranno dei problemi spesso di difficile soluzione.

Ricordate, la mente MENTE, il corpo mai.

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By Simone / Editor on Feb 28, 2021

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